5 motivi che tengono in piedi il Governo Letta

E' stata la telenovela dell'estate: falchi contro colombe, governativi contro amanti delle elezioni anticipate. Tuttavia, ad oggi, la vagheggiata, e da alcuni desiderata, crisi del governo Letta è stata solo minacciata, da più parti, senza mai essere realizzata. Se, per il momento, sembra superato lo scoglio dell' imu su cui sembrava dovesse venire giù il mondo, la prossima data fatale sarà il prossimo 9 settembre, giorno in cui è stata convocata la giunta per le elezioni che dovrà decidere sulla decadenza da senatore di Silvio Berlusconi.

Al netto della nota imprevedibilità del caso e delle cose italiane, una caduta del governo delle larghe intese sembra, oggi più che mai, abbastanza improbabile. Nonostante tutto il pathos dei protagonisti politici e dei media.

Il primo motivo per cui il governo terrà è che non esiste nessuna maggioranza alternativa: una volta andati ad elezioni il risultato resta imprevedibile grazie, soprattutto, al categorico rifiuto grillino verso ogni possibile accordo con altre forze più o meno affini.

Ed ecco dunque il secondo elemento che rende improbabile una fine imminente delle larghe intese: il Porcellum, legge elettorale prima odiata e ora accettata da Grillo, non garantisce, in questa situazione, neanche un minimo di stabilità politica. Per tornare al voto ci vorrebbe una legge che prende atto dell'avvenuta trasformazione tripolare del panorama politico italiano.

Ma se non si risolve il nodo della riforma elettorale si rischia di riavvolgere il nastro e tornare al caos post elettorale della scorsa primavera, con il rischio che Napolitano si possa dimettere, come più volte minacciato in caso di crisi di governo, lasciando tutti alla deriva.

La quarta motivazione e di natura economica: Berlusconi sa che se fa saltare il banco, lo stesso intreccio di interessi economico politici, noto ai più come "conflitto di interessi", potrebbe affossarlo per sempre attraverso la pressione dei mercati sulle sue aziende, che rischiano di pagare il conto più salato di una crisi di un governo beniamino dei poteri forti.

L'ultimo, ma forse il più importante fattore che gioca a favore de governo delle larghe intese è quello internazionale: con gli U.S.A. sempre più prossimi all'invasione in Siria e il Mediterraneo trasformato in una polveriera dalle varie "primavere arabe", sembra proprio che il principale avamposto occidentale nel Mare Nostrum non si possa permettere altre cadute nel baratro politico/economico.